ITALYAL'Isola della Rugiada Divina


Gli israeliani sono maleducati?

Articolo apparso sul New York Times il 25 Giugno 1995 e tradotto sull'Internazionale dell'11 Agosto 1995.

(Molti sostengono che l'argomento non fa proprio ridere e quindi non va inserito sotto "humor")

La compagnia dei telefoni israeliana, Bezeq, ha deciso che gli israeliani devono diventare piu' educati al telefono. Bella notizia starete pensando: gli israeliani possono essere maleducati. Una vera scoperta dell'acqua calda.

Ma Bezeq fa sul serio. La compagnia sostiene che la mancanza della piu' elementare cortesia e' diventata un problema, soprattutto con la rapida proliferazione dei telefoni cellulari e la tendenza israeliana a portarseli dietro - e a urlarci dentro - ovunque. Quando ha scoperto che c'era addirittura chi chiaccherava lungo le tombe durante i funerali, Bezeq ha capito che la cosa era andata troppo oltre.

Nell'ultima bolletta spedita ai suoi abbonati (sono 1 milione e 800 mila), Bezeq ha quindi deciso di avviare una offensiva di cortesia. Ha allegato un opuscolo stampato a colori vivaci pieno di illustrazioni e suggerimenti di "galateo della comunicazione".

Spegnere i telefonini durante i funerali ed i concerti. Quando si chiama, non chiedere "Chi parla?".

Molti di questi consigli possono sembrare una questione di semplice buon senso, ma per gli israeliani comportano una vera e propria rivoluzione di comportamento.

Eppure, Bezeq non ha nemmeno menzionato un tipo di conversazione tra le piu' comuni in questo paese. Eccola:

"Pronto!" dice la persona che risponde al telefono.
"Yossi?"
"No, mi dispiace, deve aver sbagliato num..."
"SLAM!"

Gli uomini d'affari e i diplomatici cominciano a rendersi conto di dover cambiare i loro modi, avendo riconosciuto che molti stranieri considerano l'espressione "buone maniere israeliane" un ossimoro.

Dopo tutto, questo e' un paese in cui la parola "grazie" non muove mai le labbra dei commessi dei negozi; in cui la gente si intromette nelle conversazioni altrui; in cui si dichiara apertamente al proprio interlocutore che ha detto una sciocchezza e gli si chiede senza problemi quanto guadagna (d'altra parte, gli israeliani sono spesso sconvolti dagli americani dell'era dei talk show che non parlerebbero mai del loro stipendio, ma che sono capaci di discettare in pubblico dei particolari piu' intimi della propria vita sessuale).

Una parte del problema e' data dal fatto che un comportamento considerato dagli stranieri privo di tatto o maleducato, viene visto invece dagli israeliani come semplicemente diretto o franco. Prendiamo per esempio l'abitudine di interrompere una persona che sta parlando nel bel mezzo di una frase.

"Gli israeliani vedono queste interruzioni come semplici correzioni e, in effetti, finire le frasi dell'interlocutore e' un modo per guadagnare tempo", sostiene Lucy Shachar, un'israeliana americana di nascita che dirige dei seminari di "training interculturale" per aziende americane ed israeliane.

Esistono molte teorie su perche' gli israeliani siano come sono.

Alcune fanno riferimento alle radici socialiste del paese e all'enfasi che ha dato all'informalita'; nella loro ribellione contro il sistema dei ghetti europei, i primi pionieri sionisti hanno fatto piazza pulita di molte carinerie, viste come vestigia indesiderate della tradizionale mansuetudine ebraica. Altre ancora osservano che si tratta di un piccolo paese nato dall'idea che tutti gli ebrei siano una famiglia. Si e' forse cortesi con il proprio fratello?

Sturt Schoffmann, uno scrittore di Gerusalemme, suggerisce che molti israeliani si sentano legittimati per il fatto di aver fondato e sostenuto il loro paese. "Mi sono trascinato fin qui da Odessa, vuoi che non ti interrompa quando parli?".

Qualunque ne sia la causa, la maleducazione supera tutte le barriere - siano esse politiche, sociali o religiose. E comincia al vertice. Quando i bambini fanno confusione a scuola, i maestri cercano di farli stare buoni dicendogli: "Non siamo mica alla Knesset!".

Il lato positivo e' che la maleducazione si trasforma raramente in aggressione aperta.


Home page